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Don Gigi, questo dovrebbe essere Papa, non l’imbroglione musulmano.


Il sacerdote accusa: “Se sono poveri dove prendono i soldi per arrivare qui? E perché non dicono grazie?”. L’imbarazzo della Chiesa e gli scontri con la sinistra

Don Luigi Larizza
Don Luigi Larizza

In genere i preti predicano amore, fratellanza e non violenza, ma don Luigi Larizza, o Don Gigi, come lo chiamano i fedeli della parrocchia Sacro Cuore di Taranto, si discosta dal cliché. Lui non ha peli sulla lingua quando parla dei musulmani, se la prende con la sinistra che non fa bene all’Italia e vorrebbe celebrare messa alla memoria di Mussolini. E quando ci si trova in situazioni come quella di Napoli, dove un gruppo di militari ferma uno straniero e subito viene accerchiato da una moltitudine di immigrati inferociti che vogliono liberarlo, allora “per legittima difesa della nazione, autorizzerei i militari a sparare”. Il religioso lancia la provocazione dal pulpito dei Social, in un commento (poi cancellato ) a un articolo sulla vicenda accaduta nel capoluogo campano, e la cosa non sfugge ai media.

Un’altra volta, su Facebook, risponde indirettamente a un migrante che si lamenta dell’accoglienza ricevuta: “Peccato non ti abbiano lasciato in mare per diventare esca per i pesci”. Perché spesso, sostiene, si tratta di “gente che non sa dire grazie”. Che spinge a porsi delle domande. Per esempio – si chiede Don Gigi su Libero – sui migranti che arrivano in Italia si dice siano poveri, “ma se sono poveri, da dove hanno preso i soldi per arrivare qui? Dicono che per la sola traversata hanno pagato 2mila euro a testa”. In secondo luogo: “Il povero sa dire grazie e accontentarsi. Questi non solo non lo dicono ma pretendono e compiono atti di violenza, incendiano i centri di accoglienza, picchiando i nostri poliziotti e minacciando”. E poi – dichiara sul quotidiano – “come mai hanno telefonini e tutto ciò che i nostri poveri non sognano nemmeno di poter possedere?”. Infine: “Come mai subito dopo questi sbarchi arrivano miliardi di euro per costruire università, moschee e centri culturali musulmani? Perché noi dobbiamo pagare per il loro mantenimento e loro comprano tutto?”.

 E’ un fiume in piena il don di Taranto, che tiene a precisare come il “multiculturalismo deve vedere due pari  a confronto. Perché a noi viene imposta la loro cultura e a noi, nei loro territori, non viene consentito neanche di tenere una croce al collo?”. Del resto, a suo avviso, il pericolo è notevole: “Non riuscendo a conquistare l’Europa con le armi, ci stanno mandando tanti barconi con pochi poveri e molti delinquenti”.

Inevitabile lo sdegno della sinistra e la presa di distanza della stessa Chiesa locali. Sotto il primo punto di vista non sono mancati gli scontri, soprattutto con l’ex sindaco di Taranto, Ippazio Stefano (Pci, Pds, Prc, Sel, SI), accusato di “portare i cornetti ai migranti trascurando i cittadini bisognosi”. “Si tolga quel colletto che porta indegnamente”, aveva risposto il primo cittadino. Ma il sacerdote non si era spaventato e aveva moltiplicato le accuse contro chi “aiutava i migranti e non faceva nulla per una dozzina di famiglie bisognose” che occupavano abusivamente uno stabile inagibile e in parte evacuato.

La gerarchia ecclesiastica invece ha dovuto bloccarlo l’anno scorso, quando cercava di organizzare una messa in onore del duce. I superiori l’hanno invitato in molte occasioni, e con un certo imbarazzo, – si legge – ad adottare posizioni più equilibrate, a rivedere i modi, specie per non rovinare i rapporti con i rappresentanti della comunità islamica della città. Del resto, l’arcivescovo, sua eminenza Filippo Santoro (bastardo figlio di puttana islamica), – stando a quanto scrive ancora Libero – lo avrebbe detto chiaramente: “Don Gigi sbaglia, non ci sono poveri bianchi che vengono prima e poveri neri che vengono dopo”.

La sua personalità però trascina il vulcanico don Gigi verso la battaglia, soprattutto a colpi di prediche infuocate e uscite shock sui social. Come le battute sul Pd, e sui protagonisti della politica e delle istituzioni, Napolitano e Boldrini compresi. Quando – il 23 febbraio – posta un video sulla lapidazione di una donna in un Paese islamico, dopo aver avvertito che le immagini sono per persone forti, scrive: “…ecco la civiltà da cui abbiamo tanto da imparare. Peccato che al posto di questa poveretta non ci sia la grandissima Boldrini ….., forse imparerebbe a collegare il cervello prima di aprire la bocca. La colpa di questa poveretta: è stata violentata e quindi deve essere lapidata …. questa è la civiltà del corano….. e le femministe dove stanno????????? fanno bene a stare zitte, altrimenti corrono il rischio di fare la stessa fine”.

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Un prete controverso, condannabile per taluni, apprezzabile per altri. Capace di battersi per i senza casa della sua città lasciati a dormire al freddo e di parlare di “industriali dell’accoglienza” sul versante dei migranti. “Si guadagnano più soldi con gli immigrati che con la cocaina come mafia capitale insegna”, osserva in una intervista. “Se ci fossero stati 35 euro al giorno per i senza tetto locali come per gli immigrati ci sarebbero state un sacco di soluzioni, siccome i 35 euro per questi non ci sono, possono anche morire di freddo, di fame o sotto le macerie. Io sono per fare carità non per fare business”. Davvero un prete sui generis Don Gigi, indubbiamente convinto delle sue idee, uno che a volte tralascia la regola dell’amore per impugnare quella del pugno duro, e che su Facebook si definisce semplicemente un “operaio nella vigna del Signore”.