Cent'anni fa...

Il generale Caneva ha ripreso l’alto comando

Beduini respinti e carovana sbandata in Cirenaica

Lunedi, 19 febbraio 1912

duro come l’asta di una’lancia. La leggera fanteria correva impetuosa, silenziosa su un terreno che si adatta mirabilmente alle qualità di cosi veloci e sicuri soldati. La formazione era per compagnie, che si seguivano a trecento metri di distanza: ogni compagnia portava avanti gli ufficiali montali sui rapidi biondi muletti eritrei; verso mezzogiorno da duna a duna l’arco di cerchio era compiuto. La ricognizione ascara era arrivata a contatto ed in vista con la vedette arabe che dalla carovaniera di Bir Tobras per Fonduk el Tokar vanno fino a Zanzur. La fronte dei nostri avamposti ascari piegò allora verso Gargaresch. Gli I ascari ritornarono al forte B lungo le ridotte senza incidenti i nostri ascari è il preludio delle opera ioni alle quali si intende di impiegarli. Es. si hanno dato agli ufficiali esperti una prova succiente che a questo scopo risponderanno splendidamente. Si temeva (e si può confessarlo adesso) che il terreno molle poco si confacesse alle truppe indigene abituate alla marcia sulle dure roccie eritree, ma al contrario, tanto il clima quanto il terreno sembrano essere indifferenti ai nostri nuovi soldati…

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A Tripoli
Numerosi profughi giunti da Azizia e da Ben Gaschlr confermano ohe i Tharuna hanno sostituito gli Alanna e gli Hanara a Suanl Ben Gangla In seguito al timore che I primi disertassero verso Tripoli. Il capo Sei el Maszer ha saccheggiato una carovana proveniente dal Fezzan e diretta ai Garlan con viveri. Il Capo El Esa avrebbe lasciato II campo. Il tempo accenna a migliorare. TRIPOLI, 18 febbraio. ‘ Il generale Caneva è arrivato stamane ed ha ripreso II comando del corpo di spedizione. Nessuna novità nella situazione generare. Il tempo si è rimesso al buono e il mare ha migliorato. Le ricognizioni eseguite ieri dal due reggimenti di cavalleria non hanno segnalato alouna novità.

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Sul ritorno degli Arabi
Roma, 18, mattino. Il Popolo Bomano pubblica un articolo del conte Luigi Ferraris in risposta all’articolo del 10 febbraio di « Bergeret » sulla Stampa, articolo nel quale il vostro collaboratore amomoniva gli italiani di non seguire l’esempio della Francia colonizzatrice. Il conte Ferraris rileva anzitutto la prima accusa che Bergeret muoveva al Governo facendo risalire l’origine degli errori che sarebbero stati commessi in Tripolitania, alla imitazione francese, usando una soverchia indulgenza verso gli arabi. Il conte Luigi Ferraris osserva che a parte il ristabilimento della forca, che non può essere che temporaneo, appunto se non vogliamo imitare i francesi in uno dei loro meno saggi prowedimenti di amminis’trazione algerina, ben più grave è la questione delle terre. Non sappiamo ancora, aggiunge Il conte Ferraris, se il Governo abbia lasciato l’Oasi ai ribelli; sappiamo solamente che fu permesso agli indigeni di recarvisi a raccogliere le ulive mature e a fare i lavori indispensabili e necessari. Ancora ignoriamo quali provvedimenti si intendono prendere per regolare la proprietà dell’oasi e costituire quello che chiameremo lo stato civile della ‘terra. Ma pur ammesso che l’affermazione ‘sia vera, c’è da rivolgere a Bergeret una domanda: se si impediva agli arabi di ritornare nell’oasi, che cosa potevamo farne? Una delle tre: o riunirli in grandi accampamenti, seguitando a mantenerli, incoraggiando cosi la loro innata pigrizia, danneggiando le finanze della colonia, o cacciarli completamente perchè andassero ad ingrossare le file dell’esercito nemico, o infine costituirli in una specie di coloniato o di bracciantato molto simile ad una specie di schiavitù, seguendo i sistemi propri ai popoli barbari da conquistare. Il Governo invece, osserva il conte Ferraris, li ha saggiamente fatti ritornare ai loro giardini ed ai Ioto orti in armonia alle promesse fatte, a nome del Re, dal generale Canova. In previsione di una futura e non lon’tana pacificazione, non potevamo e non dovevamo fare altrimenti.