Senza categoria

I Cuochi

Oggi nel più totale caos istituzionale si è tentato di eleggere i presidenti delle camere, per capire come  tutta questa confusione tragga origine dalla nostra costituzione è  sufficiente fare qualche ricerca storica, si scopre allora come già si era capito che la carta costituzionale, così come è stata scritta, non poteva funzionare. Ma l’ubriacatura generale di una opinione pubblica “ormai da troppi anni, anche nelle generazioni più anziane, dimentica degli usi parlamentari” dovuta alla felicità di veder finita la più grande tragedia del millennio, consentì che anche firme del calibro di Benedetto Croce, contestato dall’articolista Paolo Monelli, rimanessero inascoltate. Altri, come Francesco Argenta, provano a mettere in guardia, esempi alla mano, dei guasti che una siffatta costituzione potesse provocare, guasti che oggi abbiamo dinnanzi agli occhi. Eppure ancora facciamo il gioco delle tre scimmiette, non si vuol vedere, ne’ ascoltare, ne’ parlare con chi, come il centrodestra, tenta di togliere dalla costituzione quegli errori che imbrigliano lo stato, e conseguentemente la società, nel limbo dell’immobilismo decisionale. 

Bersani e il PD continuano a fare male all’Italia, nel 2006 fecero fallire il tentativo unilaterale della destra di scrollarci di dosso alcune tra le maggiori croste costituzionali, tentò la destra, dopo aver constatato l’impenetrabile chiusura della sinistra a qualsiasi modifica della carta costituzionale volta ad aumentare la governabilità del paese, la strada del referendum costituzionale per abrogare alcuni articoli che, una volta rimossi, consentissero poi, tramite le normali vie legislative di realizzare una più snella e moderna architettura istituzionale. La sinistra gridò allo scandalo, al ritorno alla dittatura; anche la CGIL, ormai chiaramente molto più partito politico che sindacato (se mai è stata sindacato), scese in campo con slogan come “PER SALVARE LA COSTITUZIONE NATA DALLA RESISTENZA IL 25 E IL 26 GIUGNO SI VOTA NO!” – “LA COSTITUZIONE NON SI CANCELLA IL 25 E IL 26 GIUGNO SI VOTA NO!” Guglielmo Epifani, allora padre padrone del sindacato e delle menti che esso assiste, pubblicò un documento in cui “spiegava” le ragioni del no, questo parziale trafiletto ci dimostra come un cattivo maestro usi la retorica per intorpidire le menti (semplici):

Dire no al referendum rappresenta una scelta di unità, per gli interessi superiori del paese, per la tutela dei diritti, per l’estensione delle tutele, garanzie di uno stato moderno, inclusivo e che fa della coesione sociale un motore per la crescita e lo sviluppo

Come nel ’47 e nel ’48 anche oggi l’attuale società ormai da troppi anni, anche nelle generazioni più anziane, dimentica degli usi parlamentari, ha ceduto l’intelligenza, l’insegnamento della storia e la capacità di discernimento alla retorica falsa, ebbra di quel misticismo alla Mago Otelma con cui la sinistra retrograda e conservatrice ci vuole imbrigliati nella rete del mai dimenticato, e realmente rigettato, comunismo leninista. Come stridono ora le parole di Epifani con quelle di Croce e di mille altre voci che si levarono per mettere in guardia i nostri padri del disastro che si stava compiendo. Infine ci siamo, i nodi sono al pettine, questa legislatura è nata morta, non sprechi il comunista Bersani forse l’ultima occasione, faccia un passo indietro, tolga il canapo che ci lega il piè!

La Stampa domenica 23 marzo 1947

Scritta coi piedi questa costituzione 

Benedetto Croce, parlando alla Costituente, ha detto che se il progetto della Costituzione è riuscito disarmonico, qua e là incoerente e contraddittorio, ed è scritto male, questo avvenuto perchè c’erano troppi cuochi in cucina; e non perchè fossero settantacinque, che — ha detto — fossero stati gli autori anche solo cinque o tre, avrebbero dovuto, eseguito il lavoro e fissate le conclusioni, dar mandato ad uno solo di rimeditarle e di formularle. Ma il giorno dopo l’onorevole Ruini, presidente dei settantacinque, ammise si che il progetto mancava di stile — « non c’era fra noi, disse, chi avesse la penna di un Robespierre » sarà ignoranza mia, ma non credo che il Robespierre e la sua penna abbiano avuta molta parte nella compilazione di quella prima costituzione; e quanto alla Déclaration des droits de l’homme che ne è la parte più importante, trovo che l’Assemblea Costituente esaminò il progetti del La Fay et te, dell’abate Sleyès, del Mounier, definito da Madama di Stael «un pubblicista di grandissima saggezza», uno dei nostri, insomma; e del Durand de Maillane; e fu approvato il testo presentato da un comitato di cinque, Desmeuniers, il vescovo di Langres, Tronchet, Mlrabeau e Rhédon); tuttavia il Ruini ha proposto « che un comitato sia chiamato a fare opera di perfezionamento esteriore ». — Dove vai? — chiese Croce. — Son cipolle, — rispose Ruini. Con il comitato saremmo di nuovo a quella, mi si passi la parola, collettivizzazione dello scrivere che il Croce depreca. Uno solo deve essere il revisore; ma ci sia; che ripensi lo scritto ed i concetti e dia agli articoli dignità di forma e chiarezza d’espressione; che questa ‘non è possibile senza quello. E sarà pedanteria la mia, e son già rassegnato a sentirmi dar sulla voce dagli austeri e dagli ‘ spregiudicati, ma penso che tanto maggiore autorità verrà al documento fondamentale della repubblica quanto più quel pregi saranno evidenti… 

Paolo Monelli

La Stampa – venerdì 4 giugno 1948

La trappola della Costituzione

 La questione sollevata dal fronte popolare sulla incostituzionalità della formazione del governo De Gasperi potrebbe costituire la prima avvisaglia di uno sfruttamento razionale della nuova Costituzione in prò di un’opposizione che non volendo porsi su quel piano costruttivo che le è proprio nelle assemblee democratiche, tenti di istituire un ostruzionismo legale. Ciò è facilmente possibile per la natura della Costituzione che, a differenza dello Statuto albertino, è rigida, impone cioè limiti inderogabili al parlamento e al Governo, e consente pertanto i cavilli più sottili della tecnica interpretativa, dei quali ha fatto sfoggio l’on. Terracini. Inoltre gli stessi istituti che garantiscono le libertà popolari si prestano — a chi sappia usarli con arte — ad essere trasformati in trappole insidiose. A queste caratteristiche si aggiungono ancora, aggravando la situazione, i gravi difetti tecnici della Costituzione. Precisa in alcune formule, vaghissima in altre, ha ancora norme incerte che possono considerarsi direttive per il futuro legislatore o anche precettive e immediatamente applicabili, prestandosi ai più svariati giochi d’interpretazione. E questi non si esauriscono in sole contese verbali, ma possono dar luogo all’impugnazione” per incostituzionalità dinnanzi alla Corte costituzionale, come possono promuovere il referendum popolare per l’abrogazione totale o parziale delle leggi (ad eccezione di quelle di ordine finanziario o di amnistia o di approvazione dei trattati quando sia richiesto da 500.000 elettori), mezzi tutti che, sapientemente sfruttati, possono inceppare il funzionamento dello Stato e confortare, con l’apparenza di un’encomiabile difesa dell’ integrità della Costituzione, movimenti di opinioni e di masse. A ciò s’aggiungano l’immaturità dette assemblee parlamentari; il disorientamento dell’ opinione pubblica, non avvezza alle sottigliezze giuridiche, e, ormai da troppi anni, anche nelle generazioni più anziane, dimentica degli usi parlamentari e del funzionamento di uno Stato democratico ; la mancanza di una prassi definita sulla quale appoggiarsi, e si avrà il quadro nel quale un’avveduta opposizione può largamente spaziare…  

Francesco Argenta