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La Stasi virale

Non lasciatevi scoraggiare da un titolo che potrebbe far temere una dissertazione scientifica di 200 pagine. Il termine “Stasi” non è da confondere con quello di “stasis” nel senso greco di “immobilità” o “paralisi”, ma come abbreviazione di “Staatssicherheit”, il sistema di sorveglianza del regime dell’ex DDR. In quello che seguirà, comunque, una relazione tra i due concetti c’è. Tantomeno la parola “virale” è da intendere nel senso metaforico contemporaneo di qualcosa che si diffonde subito, ma nel senso di qualcosa che infetta. Anche in questo contesto, però, i paralleli non mancano.

Cosa faceva la Stasi? Aizzava i cittadini a spiare tutti sino ai propri familiari per poi riportare alle autorità.Il mancato adempimento a questo “diktat” implicava ripercussioni laceranti per i “disertori”.  Il bel film “Das Leben der Anderen” (non so se ne esista una versione in italiano) mostra sino a che punto questi meccanismi interiorizzati arrivassero a sovvertire, in modo da farci rabbrividire da spettatori, la fiducia fra persone vicine e legate.

In questo sito che, come ho ribadito più volte e in tutta sincerità, è encomiabile per la sua tolleranza e accoglienza, si sta attualmente verificando una nuova variante di Stasi che danneggia tutti e che lo priva di nuovi impulsi e contributi, ancorati come siamo nell’osservarci. Non si tratta di intrusioni esterne, ma di un meccanismo per cui nessuno si può fidare quasi più di nessuno. Questo meccanismo non parte dall’alto, a differenza di quanto succedeva nella Stasi, ma dall’interno di un micro-sistema democratico.

Io avevo segnalato in un mio post, che molti ricorderanno, la necessità di non prendere il virtuale troppo alla leggera. Come scrisse Gianni ieri, questo sito è come una stazione virtuale in cui c’è chi parte, chi arriva etc, ma credo che la metafora, per quanto attinente, sminuisca la vera natura delle cose. Chi parte di colpo dopo una lunga permanenza non lo fa senza motivo, chi si ferma e contribuisce con frequenza regolare non lo fa per noia, chi cerca di moderare e conciliare non lo fa per vocazione, ma perché ci crede, chi si sente ferito ci sta male. Siamo persone anche qui con tutto il ventaglio delle nostre emozioni. E proprio perché siamo esseri umani anche qui, ci terrei molto a trovare insieme una soluzione per debellare questo virus che ormai si sta propagando a un ritmo di nano-secondi.