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Soccorso rosso, magistratura demokratika, latrina rossa.

di Giovanni Maria Bellu
Si faceva pagare in contanti l’affitto dei suoi appartamenti. Ma questo non le impedirà di tornare a fare il giudice tributario. Così, a Milano, persone accusate di evasione fiscale verranno giudicate da un magistrato che – “per un quarto di secolo”, come hanno scritto nel 2012 i giudici di Brescia – ha riscosso affitti “in nero”. Il giudice in questione è Maria Rosaria Grossi, classe 1946, importante esperta di diritto fallimentare, autrice di numerosi saggi sulla materia, uscita indenne da un’intricatissima vicenda giudiziaria che nel 2009 pareva destinata a stroncarne definitivamente la brillante carriera. Una carriera che aveva avuto altri momenti di ribalta nazionale. Nel 1990, quando era giudice della pretura, si era occupata della fase iniziale del conflitto tra Silvio Berlusconi e Carlo De Benedetti per il controllo della Mondadori.

Nel 2009 era giudice del Tribunale fallimentare di Milano, ed era destinata a diventarne il presidente, quando fu accusata di tentata concussione e abuso d’ufficio. L’inchiesta era stata avviata all’inizio dell’anno quando due magistrati avevano inoltrato al tribunale di Brescia la testimonianza di un commercialista che, a sua volta, rivelava le confidenze ricevute da Marina Giordano, sorella dell’avvocato Bruno Giordano, deceduto qualche tempo prima. La donna, aveva raccontato il commercialista, gli aveva detto che il fratello aveva una relazione con la giudice Grossi che lo riempiva di incarichi professionali. E che poi faceva avere alla giudice una parte dei compensi.

Convocata dal pubblico ministero di Brescia, la sorella dell’avvocato confermò che, dopo la morte del fratello, aveva avviato un rapporto diretto con la Grossi. “Mi portava ogni mese 10mila euro in contanti e in cambio mi faceva firmare assegni di pari importo, intestati però a sua sorella”, riferì. Aggiunse che le risultava che la giudice aveva messo assieme un piccolo impero immobiliare: “Cinque appartamenti a Milano, due ville al mare in Liguria e Puglia, una casa sul Mar Rosso e una in Val d’Aosta”.

Non è tutto. La testimone raccontò anche una vicenda molto strana e imbarazzante successa dopo che era stata sentita la prima volta dal pm. Alle 8 del mattino aveva ricevuto una visita a sorpresa di Maria Rosaria Grossi la quale, dopo averla spinta in cucina manifestando il timore di essere intercettata, aveva cominciato a comunicare con dei bigliettini, ai quali lei pure doveva rispondere per iscritto. E che con questo sistema le aveva fatto sapere che tutti quei soldi che le portava venivano dal pagamento in nero degli affitti.

Uno scenario in apparenza devastante. Maria Rosaria Grossi fu sospesa dal Csm dall’incarico e dallo stipendio. Ma, nel 2012, la sorpresa: assoluzione perché il fatto non sussiste. Un’assoluzione “tecnica”. Lo si scoprì quando furono depositate le motivazioni della sentenza. Il tribunale, presidente Roberto Spanò, scriveva di aver potuto svolgere il processo solo per un “rivolo” delle numerose accuse. E sottolineava che la vicenda degli affitti in nero appariva in realtà un alibi, per coprire fatti più gravi. Inoltre riconosceva come veritiero il racconto della conversazione con i bigliettini e lo inquadrava nella categoria della subornazione di testimone. Tuttavia la collega andava assolta.

Quella sentenza, – come sottolinea oggi Luigi Ferrarella sul Corriere della Sera – descriveva “un contesto generalizzato di comportamenti e provvedimenti finalizzati a favorire alcuni professionisti a lei vicini e a danneggiare altri con i quali aveva ragioni di contrasto”. Un quadro che, nonostante l’assoluzione, configurava una possibile responsabilità disciplinare. Fu avviato il relativo procedimento che, però, dovette interrompersi perché la Grossi si dimise dalla magistratura ordinaria. E anche da quella tributaria. Solo che, quanto a quest’ultimo atto di dimissioni, in seguito cambiò idea e ne chiese la revoca. In effetti, dal punto di vista formale, poteva farlo: non aveva subito alcuna condanna, e non c’erano procedimenti disciplinari pendenti. Lo scorso luglio il Consiglio di presidenza della giustizia tributaria ha ordinato la riammissione della Grossi come giudice tributario. E siamo a oggi.

Che genere di messaggio possa dare un fatto del genere ai cittadini di un paese massacrato dagli evasori fiscali è facile immaginarlo. E’ invece difficile capire il perché di un’azione disciplinare – che è ancora possibile – non ci siano per il momento tracce. Il Corriere riferisce che il Consiglio di presidenza della giustizia tributaria nel giugno scorso ha chiesto ai titolari dell’azione disciplinare nei confronti dei giudici tributari cosa intendano fare. Si tratta del presidente del Consiglio e del presidente della Commissione regionale. Si è ancora in attesa di una risposta.

20 settembre 2016