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Vertice a tre senza l’Italia, oihbò!

di Giuseppe Turani
Quella dei conflitti fra Italia e Germania è storia antica. E quindi la notizia di un vertice triangolare Merkel-Hollande-Junker senza il nostro Renzi ha subito riacceso le polveri. In realtà si tratta di un falso allarme. Berlino ha spiegato che l’incontro a tre rientra in una tradizione piuttosto lunga e che ci saranno ancora incontri tipo Ventotene (Merkel-Hollande-Renzi) o tipo Maranello (Merkel-Renzi) . Partita chiusa allora? Non tanto.

Molti sostengono, e la cosa sembrerebbe credibile, che Renzi ha fatto il “cattivo” all’ultimo vertice di Bratislava, protestando per l’ennesima volta contro l’austerità, e che quindi per questo sarebbe stato messo in castigo.

E’ molto probabile che le cose non stiano così. Oggi i rapporti Italia-Germania si muovono dentro un sorta di doppio binario. Da un lato siamo l’alleato più sicuro per la signora Merkel (la Francia è una specie di vecchio zio rimbambito che i tedeschi si portano dietro da sempre come compagnia e alibi, inoltre Hollande è in scadenza e non sarà rieletto). Renzi, invece, ha molte più carte da giocare, compresa quella di un buon rapporto con la Germania. A Renzi, cioè, fa molto gioco, sul piano europeo, essere l’alleato privilegiato della signora Merkel.

Ma la stessa Merkel (ecco il secondo binario) non gode in Europa e, soprattutto qui in Italia, di molta popolarità per via della sua idea di austerità. E su questo punto le impuntature e le risse di Renzi sono assolutamente prevedibili. Ma anche con un esito abbastanza scontato. Renzi vorrebbe la fine dell’austerità in Europa e l’avvio di una consistente politica per la crescita, più investimenti e più spesa pubblica. Vorrebbe insomma un po’ più di politiche keynesiane: in periodi di crisi, lo Stato fa una buona politica della spasa (generosa) per rilanciare l’economia.

A Berlino non amano questo tipo di discorso. Sostengono che troppi paesi europei (e noi fra questi) sono ancora già troppo carichi di debiti e, per di più, inefficienti. Quindi: fate le riforme e poi ne parliamo. Nel frattempo hanno lasciato le briglie lunghe alla Bce perché mettesse in giro un po’ di soldi perché nessuno finisse soffocato.

Renzi, però, si trova in una specie di vicolo cieco: le riforme che servono (e che probabilmente vorrebbe fare) non le può mandare avanti perché non ha una maggioranza coesa), ma d’altra parte abbiamo una crescita così bassa che deve fare qualcosa in fretta per avere risultati migliori, cioè deve fare un po’ di politica espansiva. Da qui le continue polemiche sulla flessibilità di bilancio, che vuol semplicemente dire autorizzazione a fare un po’ più di debiti del consentito (dai trattati) per avere più soldi da spendere.

Su questa cosa corre il ping pong dei rapporti tra Italia e Germania. Con la ricerca di scappatoie da parte nostra e con la signora Merkel che funge da maestra severa (che però ogni tanto chiude un occhio o esce a farsi una birra).

Non c’è stata quindi alcuna rottura. C’è soltanto il normale confronto fra diverse idee politiche. E poiché nessuno vuole fare delle guerre (Nemmeno commerciali), allafine il tutto si riduce a una normale trattativa, che ognuno cerca di spostare a proprio vantaggio.

Del tutto frivola, invece, la versione “colta” che viene data di questo conflitto: e cioè quella di un’Italia in lotta per far cambiare la politica complessiva dell’Unione europea. E’ una storia che va bene per i giornali, ma che non ha alcuna sostanza. Siamo il paese più indebitato d’Europa e anche il più scassato: è molto improbabile che cambi tutto solo perché lo diciamo noi. Però sui giornali il titolo “L’Italia vuole cambiare l’Europa” è bello, fa la sua figura e aggiunge glamour alla figura di Renzi.

24 settembre 2016