Politica

Il PD e la Sindrome Libanese

E’ un fatto risaputo, arcinoto direi, che la sinistra italiana, nonostante l’uso smodato della parola “unità” e suoi derivati è sempre stata tutto fuorchè unita. Ai tempi della cosiddetta Prima Repubblica, il PCI dominava la sinistra italiana, politicamente, mediaticamente e culturalmente. Ma a sinistra del PCI c’è sempre stato un folto gruppo di partitini, a volte microscopici, definiti “partiti da prefisso telefonico” per via della percentuale di voti che ottenevano nelle varie elezioni politiche, lo “zero virgola…” singolarmente cioè un risultato insignificante ma messi tutti insieme portavano via al Partito comunista una percentuale di voti significativa. Su cosa poi si basavano questi distinguo non è facile indovinarlo. La tendenza al particolarismo, molto viva in tutta la politica italiana, a sinistra era una vera e propria sindrome. Con l’avvento della Seconda Repubblica le cose si sono ulteriormente complicate. A parte il fatto che il principale partito erede del PCI ha cambiato nome con la stessa frequenza con cui una persona normalmente pulita si cambia le utande, la formazione di partiti e partitini nati da scissioni varie ormai non si conta pià. Ma non basta! ora anche il PD, cioè il partito guida della sinistra italiana, cannibalizzato da Di Pietro prima e Vendola poi, ci mette del suo. Alle primarie per le comunali di Genova sono riusciti a far vincere il candidato di SEL (Vendola) proponendo ben due candidate di area PD che si sono tolte i voti a vicenda favorendo il terzo incomodo. A Palermo, per le comunali del capoluogo siciliano, sono stati capaci di fare peggio: un solo candidato targato PD, Faraone, ma non sostenuto ufficialmente dai vertici del partito ma solo daquella corrente che si richiama a Matteo Renzi. I vertici del partito si sono invece spaccati sugli altri due candidati, nessuno dei due provenienti dal PD. Evidentemente Bersani ha pensato che con due candidature PD vince il terzo non PD, quindi è meglio dividersi su tutti e tre i candidati così, chiunque dei tre vinca, si può sempre brindare al grande risultato. In realtà si tratta di un tutti contro tutti che nemmeno la prospettiva di un nemico comune riesce a scongiurare. Se poi il nemico comune, Berlusconi, si defila e offre un basso profilo allora sono guai! In realtà il candidato ideale del PD è proprio lui: Taffazzi!