Articolo tratto da Libero
Gli indicatori statistici inchiodano Mario: Pil, disoccupazione e debito peggiorano mese su mese e anche su base annua
Pil – Il secondo indicatore negativo è il Pil. Da subito è stato chiaro che le manovre dall’impatto recessivo varate da Mario Monti avrebbero avuto ripercussioni negative su consumi e produzione. Alla fine del primo trimestre 2011 l’Istat aveva rivelato una crescita del prodotto interno lordo pari allo 0,1% rispetto al trimestre precedente, mentre su base annua, rispetto al corrispondente trimestre del 2010, la crescita era stata di 1 punto percentualie. Gli ultimi dati disponibili sul Pil italiano sono quelli – disastrosi – diffusi da Ocse e Fondo monetario internazionale. Secondo le stime delle organizzazioni, nel primo trimestre del 2012 il prodotto interno lordo del Belpaese è crollato dello 0,7 per cento, una flessione decisamente più acuta rispetto a quella del precedente trimestre, quando il calo si era attestato allo 0,2 per cento. L’Italia è ufficialmente in recessione tencica, circostanza certificata anche dall’Istat. Per il 2010, inoltre, la Commissione Ue ha rivisto al ribasso le previsioni di crescita del Pil dello scorso autunno (+0,1%), precipitate a una flessione pari all’1,3 per cento. Peggio di noi soltanto Grecia (-4,4%) e Portogallo (-3,3%).
Disoccupazione – Il terzo capitolo riguarda i dati relativi all’occupazione. Le ultime rilevazioni statistiche sono quelle relative a gennaio 2010: il tasso di disoccupazione rilevato dall’Istat si è assestato al 9,2%, in rialzo di 0,2 punti percentuali rispetto a dicembre e di un punto percentuale pieno su base annua. Nel dettaglio si tratta del tasso più alto da gennaio 2004, quando iniziarono le serie storiche mensili. A gennaio in Italia c’erano 2,312 milioni di disoccupati: in termini numerici, il numero di disoccupati è schizzato del 2,8% rispetto a dicembre, pari a 64mila unità (ancor più drammatico il confronto su base annua: 286mila disoccupati in più, per un balzo del 14,1 per cento). Il tasso di disoccupazione giovanile, tra i 15 e i 24 anni, si è attestato al 31,1%, in rialzo di 0,1 punti percentuali rispetto a dicembre 2011.
Spread – Il professor Monti è stato spinto a Palazzo Chigi a furor di spread. Il differenziale tra il rendimento dei Btp italiani e gli omologhi Bund tedeschi ha spianato la corsa del professore verso i piani più alti dei palazzi della politica. Nei giorni dell’insediamento dell’ex bocconiamo lo spread veleggiava intorno ai 520 punti base: una lunga rincorsa iniziata alla metà di luglio. Alla metà di marzo 2011, in pieno governo Berlusconi, il differenziale era intorno ai 160 punti base, ben al di sotto dei 290 punti basi attorno ai quali si muove nelle ultime ore. Certo, Monti ha fatto un gran lavoro per ricacciare a livelli sostenibili l’indicatore più osservato negli ultimi mesi, ma fino a prova contraria la guerra allo spread avrebbe pure combatterla qualcun altro.