Politica

Lo Piparo, Togliatti & Gramsci


Palmiro Togliatti

Circola nelle librerie “I due carceri di Gramsci” (Donzelli, pagg.  144, 16 euro), un saggio del filosofo Franco lo Piparo che racconta inediti retroscena del periodo che Antonio Gramsci passò nelle carceri fasciste. Il Lo Piparo ci racconta un Gramsci chiuso in una specie di matrioska composta da due bamboline: quella esterna è nera e rappresenta il carcere fascista, mentre quella interna è rossa e rappresenta la censura comunista a cui le lettere di Gramsci erano soggette.  Pare che da quelle lettere trasparisse un “calo di fede” che doveva essere filtrato e corretto. Gramsci affidava le sue lettere alla cognata Tania, che le nascondeva a Togliatti, (e quindi a Mosca) e le passava a Piero Sraffa, economista e amico di Gramsci. Queste precauzioni  erano necessarie poichè  Julka, moglie di Gramsci, era rimasta in URSS e i dubbi del marito nella fede comunista potevano esserle fatali. Tuttavia, forse inconsapevole dellle conseguenze, Sraffa passò a Togliatti  una relazione che giudicava incompatibile il regime carcerario con la salute di Gramsci e che Togliatti, adetta del Lo Piparo, usò per prolungarne di un anno la detenzione. Tra l’altro, in una lettera datata 27 febbraio 1933, Gramsci  accusa il compagno cofondatore del PCI, tal Ruggiero Grieco,  che l’aver “rivelato ai giudici il suo ruolo nel partito rese la sentenza più severa”; e dietro questa “rivelazione” di Grieco ci vedeva Togliatti.  Tuttavia Lo Piparo non ritiene che Gramsci fosse divenuto un pernsatore liberale, perchè, come egli stesso sostiene, “i Quaderni non sono opera da inscrivere tra i classici del liberalismo, ma non sono nemmeno un classico del comunismo. Sono un documento di crisi e di ripensamento filosofico che, ritengo, se il suo autore ne avesse avuto il tempo, avrebbe avuto come esito finale un’articolata teoria liberal-democratica della storia e della società.”