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“Danno vitalizi ai ladri caduti sul lavoro. Capisco chi spara ai banditi”. La rabbia del vescovo di Chioggia

L’alto prelato aveva disapprovato la decisione dei giudici di dare un indennizzo alla madre e alla sorella del malvivente ucciso da un commerciante di Padova. La sentenza è stata successivamente ribaltata dalla Corte d’appello di Venezia

Il vescovo di Chioggia, monsignor Adriano Tessarollo
Il vescovo di Chioggia, monsignor Adriano Tessarollo

“Porgi l’altra guancia” per il vescovo di Chioggia, monsignor Adriano Tessarollo non significa assumere un atteggiamento passivo e di sottomissione. Qualche volta, per lui è necessario reagire, anche se questo atteggiamento rischia di innescare un drammatico circolo vizioso. La sentenza dei giudici Corte d’appello di Venezia che ha assolto Franco Birolo, tabaccaio di Civè di Correzzola (Padova), dall’accusa di aver sparato e ucciso il 25 aprile del 2012 Igor Ursu, un ladro moldavo sorpreso a rubare nel suo negozio, è per l’alto prelato un vero atto di giustizia. Perlomeno ora è meno furente di quando in primo grado il commerciante era stato condannato a 2 anni e 8 mesi di carcere e ad un risarcimento danni di oltre 325 mila euro.

Il vitalizio ai parenti del malvivente

Il Pastore, dopo il giudizio di primo grado, aveva espresso pareri poco lusinghieri nei confronti dei giudici. “Mi permetta un’ironia, signora giudice: quello che non era riuscito forse a rubare il ladro da vivo – aveva scritto nelle pagine del settimanale diocesano Nuova Scintilla – glielo ha dato il giudice, completando il furto alla famiglia, un bel vitalizio ottenuto per i suoi familiari, con l’incidente accadutogli nel suo ‘lavoro di ladro’!”.  Oltre la pena comminata, il vescovo aveva disapprovato anche la decisione di dare un indennizzo alla madre e alla sorella del malvivente. “Se la legge e chi la rappresenta hanno il compito di educare all’uso proporzionato della forza nella legittima difesa – aveva attaccato il vescovo – non bisogna neanche correre il rischio di trasmettere un messaggio del genere: ‘violenti, scassinatori e ladri, continuate tranquillamente la vostra criminale attività, tanto qui siete tutelati per legge, perché nessuno deve farvi del male mentre siete nell’esercizio del vostro ‘lavoro'”.

Soddisfatto per la sentenza dei giudici Corte d’appello

Una critica tagliente che aveva provocato le critiche dell’Associazione nazionale magistrati. “Rappresentanti istituzionali non dovrebbero dare giudizi sull’attività di altri organi, come quello giudiziario – aveva sostenuto Lorenzo Miazzi, referente per il Veneto dell’Anm – senza avere la completa conoscenza dei fatti”. Se prima i giudici erano stati considerati, in buona sostanza, degli incapaci, ora per il vescovo la giustizia ha fatto il suo dovere. La corte d’Appello di Venezia “ha compreso il contesto in cui è avvenuto il fatto – ha spiegato l’alto prelato in una intervista rilasciata al Resto del Carlino – nel buio, una volta scovato un ladro a rubare nel proprio negozio, con la preoccupazione di proteggere la famiglia. Dietro il comportamento del commerciante ci sono il lavoro di un’esistenza, la professione, le prospettive, un complesso di cause che spingono a una reazione che non è quella di togliere la vita punto e basta. “Sempre secondo il pastore d’anime, i magistrati “non hanno giustificato l’uccidere in ogni caso, quando ci si trova in una situazione di pericolo. Ha tenuto conto, invece, di una serie di fattori alla base di una determinata reazione che non sempre vanno definiti quale volontà di ammazzare indiscriminatamente”.

 Il contesto veneto

Il presule, che ha parlato per telefono con la moglie del tabaccaio, ricorda che “nel Veneto ci sono bande che assaltano ville, famiglie, rubano il rame dalle ferrovie e dagli impianti. Ritengono che sia questo il loro modo di guadagnarsi la vita. Poi qualche volta capita che, facendo il loro ‘lavoro’, si verifichi qualche incidente”. Nel corso dell’intervista, Tessarollo ha anche trovato il modo di fare qualche critica al governo per quanto riguarda l’accoglienza dei migranti. “…mi chiedo: abbiamo davvero il necessario per portare avanti un’integrazione che già di per sé non è facilissima? Non è che una persona che ha vissuto sino a 40 anni in uno Stato diverso dal nostro in un certo modo cambia atteggiamento dall’oggi al domani”.