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This Must Be The Place

Una ex rockstar ormai ritiratosi dallo show bussiness, scoppiato e bizzarro, vive il suo ritiro dorato (grazie a speculazioni in borsa) in una sonnacchiosa e tranquilla Dublino, passeggiando per strade semi deserte o in centri commerciali, sempre agghindato e truccato come ai tempi del successo e sempre portandosi dietro qualcosa cui aggrapparsi, un trolley o un carrello. La sua noiosa e tranquilla routine viene interrotta quando riceve la notizia della morte del padre che non vedeva da trent’anni. Vincendo le sue fobie e le sue idiosincrasie, decide di tornare a New York, sua città di origine, per assistere al funerale. Qui, entrato in possesso del diario del padre, scopre che, sopravvissuto ad Auschwitz, non ha mai smesso di cercare il suo aguzzino, e che era prossimo a localizzarlo, proprio in America, poco prima della sua morte. Decide allora di portare a termine la ricerca del padre e quindi si avvia in un viaggio che da New York lo porterà nello Utah, incontrando personaggi di varia umanità. Alla fine, oltre al criminale nazista, troverà anche se stesso ritornando a casa senza la “maschera” da rockstar.
Il titolo del film è preso da una famosa canzone dei mitici Talking Heads, eseguita nel film da David Byrne in persona in una straordinaria versione in presa diretta.
Notevole l’interpretazione di Penn che rende benissimo la bizzarria del personaggio (che nel film si fa chiamare John Smith, probabilmente non a caso visto che porta un trucco che ricorda da vicino il Robert Smith dei Cure) senza scadere nel pericolo di renderlo una macchietta, sempre brava Frances McDormand, e i due vecchi caratteristi Judd Hirsch, nella parte del cacciatore di criminali nazisti, e Harry Dean Stanton.