Cent'anni fa...

Uther Pendragon

Leggendo questo articolo di un secolo fa mi sono commosso. Forse la mia età reale raggiunge e oltrepassa il secolo, forse sono vecchio di ideali o forse i tempi che mi tocca vivere non mi appartengono. Non lo so, però mi sono commosso. In questo articolo vedo una Italia fiera e unita, vedo una nazione vera! Che ci è successo? Come siamo potuti divenire così esterofili da schiacciare sotto i tacchi noi stessi a vantaggio di tutti, senza mai replicare a nulla, senza mai far valere le nostre ragioni. Io sono vecchio di un secolo, di più di un secolo, ma sono qualcosa, sbagliato o giusto che sia; l’Italia adesso cos’è? Non è sicuramente una nazione, quindi cos’è? Mi vengono in mente queste parole de “La leggenda di Re Artù”: infatti sul letto di morte aveva mormorato con un fil di voce: “comando a tutti di obbedire a mio figlio”. Ma tutti sapevano che Uther non aveva figli! Fu così che le lotte e le rivalità si erano accese in ogni angolo del paese. Nessuno però, fino a quel momento, aveva vinto sugli altri e il regno di Logres e tutta la Bretagna erano senza re e senza pace… 

La Stampa

23 febbraio 1912

Il plauso della Nazione all’Esercito e all’Armata

Debbo cominciare col ripetere ciò che vi dissi ieri: dal 1848 ad oggi poche volte, anzi pochissime volte, la Camera del deputati è stata cosi solennemente maestosa come nell’odierna seduta. Ieri espressi la previsione fondata sullo spirito pubblico della Nazione ed una intuizione venuta dalla conoscenza dell’ambiente. Oggi non faccio che constatare un fatto indiscutibile ed indiscusso, un fatto universalmente, calorosamente riconosciuto da tutti i presenti tanto giù che su, tanto fra i deputati di ogni gradazione politica quanto fra gli spettatori di ogni condizione sociale, di ogni età, di ogni sesso. A memoria dei presenti, la Camera dei deputati e la Camera dei senatori non erano mai apparse tanto maestose, non avevaino mai dimostrato tanto entusiasmo, non si erano mai tanto commosse per purissimo patriottismo. Io non credo punto di esagerare dicendo che l’odierna seduta delle due Camere può essere paragonata negli annali del nostro Parlamento a due sole sedute: a quella in cui il Parlamento, nell’anno 1871, si riunì per la prima volta a Roma, quando Vittorio Emanuele II disse: « Siamo a Roma e ci resteremo » e a quella nella quale, in Tofano, l’anno 1861, sotto gli auspici di Camillo conte di Cavour, fu proclamato il Regno d’Italia. Nell’odierna seduta non c’è stata una sola nota discordante, nemmeno un gesto, nemmeno un solo accenno negativo alla discordia, nulla, assolutamente nulla di discordante, nemmeno la molto esigua ombra di un individuo in pieno meriggio in una piazza inondata di sole. La Nazione italiana, risorta a novella vita, raggiante di patriottico entusiasmo, era tutta nella piccola, modesta sulla –testo illeggibile – di Montecitorio. L’Italia risorta moralmente, militarmente, politicamente, la nuova Italia, la grande Italia palpitava oggi fortemente nei cuori commossi dei rappresentanti della Nazione, dei membri del Senato, degli spettatori di entrambi i sessi. Non soltanto i deputati, non soltanto i senatori, ma anche gli spettatori sono giustamente orgogliosi di esserci stati, di aver partecipato ad un fatto che rimarrà indelebile nelle pagine della storia, che sarà ricordato con animo grato dai più tardi nepoti…