Un avvocato pavese, da anni convivente con il compagno, cittadino albanese, avrebbe fatto arrivare in Italia una giovane ragazza di quel Paese, già in avanzato stato di gravidanza, e l’avrebbe sposata assumendo falsamente la paternità del nascituro, nato pochi giorni dopo le nozze. Per la madre, per il falso padre e per il suo compagno – come anticipato da alcuni quotidiani e confermato dalla Polizia – è scattata la richiesta di rinvio a giudizio.
Il reato contestato
Il reato contestato, in concorso, è “alterazione di stato civile” di un neonato, punibile (secondo l’articolo 567 del codice penale) con la reclusione da 5 a 15 anni. In base alla ricostruzione effettuata dagli investigatori, la vicenda è iniziata nell’autunno del 2015, quando una 25enne residente in Albania e in stato di gravidanza sarebbe stata invogliata a venire in Italia. La donna arriva nel Pavese e contrae matrimonio col rito civile con un avvocato.
In cambio del neonato 70 mila euro
A fine gennaio, la giovane partorisce, in una struttura del Pavese, un bimbo che l’avvocato va a registrare all’anagrafe come figlio di entrambi. Ad avvertire la Polizia e far scattare le indagini della Digos della Questura di Pisa, è stata una segnalazione confidenziale sul matrimonio dell’avvocato, che conviveva stabilmente con il fidanzato da diversi anni. Sarebbe stata poi la stessa donna – precisa il quotidiano Avvenire – a presentarsi in Questura con il vero fidanzato, affermando che, in cambio del bambino, erano stati loro promessi 70 mila euro, ma di averne ricevuto solo 5 mila.
Il test del Dna
I due raccontano anche della coabitazione nell’appartamento del legale e dei litigi continui fra loro e la coppia composta dall’avvocato e dal compagno. Dalle loro dichiarazioni, confermate davanti al magistrato, emerge un quadro familiare privo di punti di riferimento per il neonato, che “si trovava alternativamente a dormire una sera in stanza con i veri genitori e un’altra assieme all’avvocato e al suo compagno”. Dopo le ammissioni dei genitori biologici, arriva il test del Dna, disposto dall’autorità giudiziaria, a confermare i sospetti. Il neonato non è figlio dell’avvocato.
Neonato riaffidato alla madre biologica
Il piccolo, nel frattempo, è stato collocato in una comunità protetta e riaffidato alla madre biologica. Sarà il giudice per l’udienza preliminare a fissare una data in cui decidere se avviare il processo, come chiede la procura, o prosciogliere gli indagati, rappresentati dagli avvocati Niccolò Angelini, legale del 38enne italiano, e Simona Bozzi, che difende la madre albanese.