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I komunisti non si smentiscono mai!

Signori Domenico Dolce e Stefano Gabbana io non so se obnubilati dalle promesse del Pisapia Giuliano sulle coppie di fatto, omosessuali e non, abbiate ceduto a votare per la sua giunta, se lo avete fatto spero che ora vi sia chiaro l’errore. I comunisti, laddove gli omosessuali non abbiano peso elettorale o utilità mediatica, li rinchiudono in campo di concentramento o di lavori forzati, quindi non crediate ai loro canti: sono menzogneri e opportunisti, giustizialisti e tassatori. Vi esorto ad abbandonare questa barzelletta di nazione, vi esorto a trasferire le vostre aziende all’estero, a Londra magari, dove la fiscalità e i servizi hanno un significato totalmente diverso da quello interpretato in Italia. Questa nazione è morta e comincia a puzzare, andatevene prima che cominci a marcire!

Da Il Giornale.it

D&G, tre giorni di sciopero contro Pisapia

Dolce e Gabbana annunciano lo sciopero: saracinesche abbassate per tre giorni: “Un segnale del nostro sdegno”

Lo “sciopero” di Dolce e Gabbana contro il Comune di Milano non è rimasto una minaccia. “Indignati per come siamo stati trattati dal Comune di Milano, abbiamo deciso di chiudere i negozi della città per i prossimi tre giorni a partire da oggi”, tuonano gli stilisti. 

Una serrata che comunqe non penalizzerà gli oltre 250 dipendenti che lavorano nei nove negozi a marca D&G e che saranno ugualmente pagati, ma che gli stilisti ritengono necessaria. “Non siamo più disposti a subire ingiustamente le accuse della Guardia di Finanza e dell’Agenzia delle Entrate, gli attacchi dei pubblici inisteri e la gogna mediatica a cui siamo sottoposti ormai da anni. Questo non solo per noi stessi, ma soprattutto per tutti coloro che lavorano
con noi”, spiegano.

Per ribadire con maggiore efficacia la loro innocenza, hanno allegato una lista dei principali contribuenti di Milano con i redditi relativi al 2005 – “prima che fossimo aggrediti dal fisco” – pubblicata dal Sole 24 Ore con le imposte pagate da Domenico Dolce (12 milioni 760.958 euro) e Stefano Gabbana (12 milioni 734.013 euro). “Dobbiamo dire che negli ultimi trent’anni a questa città abbiamo anche dato tanto: prestigio e visibilità internazionale, posti di lavoro e sviluppo economico”, aggiungono, “Nonostante la nostra passione e il senso di responsabilità ci spingano a continuare a lavorare con la dedizione e la volontà di sempre, dichiariamo di esserci stancati delle continue diffamazioni e ingiurie che stanno togliendo serenità al nostro lavoro e ci stanno distogliendo dal nostro vero compito di stilisti. 

Abbiamo la fortuna di collaborare con persone di vera e rara eccellenza, sia dal punto di vista tecnico-professionale sia dal punto di vista umano, che credono fermamente in noi e per le quali tutto questo è demotivante”.

Il vicepresidente del Consiglio provinciale di Milano prova intanto a smorzare i toni. “Voi avete dato molto a Milano, è vero. Però Milano ha dato moltissimo a voi. Vi ha permesso di essere ciò che siete, ovviamente grazie alle vostre capacità. Milano è stata la città che vi ha reso famosi nel mondo”, scrive Roberto Caputo, “Quindi, prendervela con la città, mi permetto di dirvi, che è stato un errore. In una fase difficile economicamente e soprattutto a poco tempo da Expo, serve che tutti lavorino perché il nome di Milano sia sempre appetibile in tutto il mondo”.

E anche la Regione Lombardia si schiera a favore degli stilisti: “Non possiamo far sì che il made in Italy venga violentato in questo modo. L’assessore comunale D’Alfonso con le sue dichiarazioni fa male alla moda. Regione Lombardia sta con Dolce e Gabbana per qualsiasi esigenza, è accanto al mondo della moda”, ha commentato l’assessore lombardo alle Pari opportunità, Paola Bulbarelli.

Rachele Nenzi